POMODORO Bruto

Nato a Milano nel 1961, Bruto Pomodoro inizia il suo percorso artistico nel 1994, lasciandosi alle spalle una lunga carriera dedicata al pomodoro_bdisegno scientifico.

Superate le prime esperienze figurative, approda ben presto a una personale ricerca pittorica, rigorosamente astratta, che cerca di coniugare lessici di alcune avanguardie astratte con una propria sintassi simbolico – narrativa, volta a investigare i misteri dell’evoluzione e dello sviluppo delle forme viventi attraverso un attento studio dei rapporti cromatici e compositivi.

Dai due primi cicli, denominati rispettivamente Contemplazioni ed Elogi del Quadrato, si assiste a una graduale rarefazione degli spazi costruttivi, inizialmente molto vicini alle tematiche concretiste, e ad un abbandono delle policromie accese riscontrabili nei suoi primi lavori: da questo percorso nascono le opere intitolate Codici Algenici, dove l’artista è interessato a evidenziare il rapporto dialettico che lega la potenzialità morfologica del vivente – rappresentato dall’elemento archetipale – alla valenza signica del DNA, analizzato attraverso le “trasmutazioni alchemiche” offerte dall’ingegneria genetica.

Pomodoro prosegue quindi la propria ricerca focalizzando l’attenzione unicamente sulla matrice cardine del proprio lavoro: l’archetipo piene, per un’esigenza di sintesi, l’unico protagonista delle ultime opere, che si sviluppano seguendo due percorsi paralleli. Vengono così alla luce i Sagomati – lavori realizzati con la tecnica del collage, dove l’interesse si sposta sulla visualizzazione tridimensionale dei persi piani di intreccio della figura primigenia, per arrivare alla logica conclusione della sua rappresentazione nella scultura a tutto tondo – e i Disgiunti, dove la ricerca si concentra sulla scomposizione entropica degli elementi costitutivi dell’Archetipo, in una rappresentazione concettuale delle leggi fisiche della Termodinamica che governano i flussi di energia e, allo stesso tempo, in una allegoria della vita e della morte.

Bruto vive e lavora tra Milano e Pietrasanta, esponendo le sue opere in numerose esposizioni pubbliche e private, sia in Italia che all’estero.

Fra le rassegne pubbliche a lui personalmente intitolate vanno citate le mostre tenutesi nel 1997 a Siena (Palazzo Patrizi), a Riccione (Palazzo Comunale del Turismo) e a Cesena (Galleria Ex Pescheria), intitolate Contemplazioni, la mostra tenutasi nel 2001 a Sarzana (Chiostro di San Francesco) intitolata Bruto Pomodoro – Elogi del Quadrato – 1998/2001, la mostra del 2002 a Courmayeur (Maison Fleur) intitolata Codici Algenici, le rassegne di Pietrasanta (Chiostri di S. Agostino) e di Cattolica (Galleria Comunale S. Croce), intitolate Codici Armonici, entrambe del 2005 e la grande personale tenutasi nel settembre del 2007 a Rimini (Palazzo del Podestà) intitolata Bruto Pomodoro, Evoluzione delle forme archetipo – Viaggio verso la tridimensione.

Della bibliografia, ricca di testi critici a lui dedicati, vanno ricordati gli scritti di Riccardo Barletta, Rossana Bossaglia, Luciano Caramel, Luca Beatrice, Martina Corgnati, Alberto Fiz, Flaminio Gualdoni, Ermanno Krumm, Janus, Roberto Sanesi, Alberto Veca, Caterina Zappia e Marisa Zattini.

PROVERBIO Luciano

Luciano Proverbio nasce ad Alessandria il 9 gennaio 1936, ha vissuto e lavorato a Torino. La sua attività artistica ha origine proverbio_lnell’ambiente culturale torinese dove si trasferisce da ragazzo. Ben presto raggiunse una sua precisa autonomia: le opere degli anni ’60, caratterizzate da un linguaggio figurativo denso di significati simbolici e poetici ne sono la testimonianza.

Accanto alla attività di pittore, condusse una altrettanto intensa attività grafica: è autore de “La Donna e il Diavolo” nel 1972 presentato da Jorge Luois Borges e Gabriele Mandel e dell’omonima cartella contenete sei punte a secco, presentate da Armand Nakache. Cartella che verrà esposta nel 1976 al Museo d’Arte Moderna di Giordania, a Tokio, A Parigi. Negli anni ’70 il suo linguaggio registrò una svolta verso una libertà inventiva fondata sull’uso fantastico e allusivo del colore e del segno.

Nel 1987 espose a Torino nel Palazzo della Regione Piemonte.

Nel 1988 a Ferrara al Palazzo dei Diamanti.

Nel 1988 a Palermo al Palazzo dell’Arcivescovado “ Tota Pulchra “

Questa sua capacità immaginativa ha propiziato l’estensione dell’ attività pittorica nel campo dell’illustrazione di fiabe, racconti, testi letterari e nella esplorazione della memoria.

Autore di numerosi libri d’arte ed esperto delle ceramiche Lenci, ha esposto in numerose rassegne pubbliche e in molte gallerie italiane.

Muore a Torino il 1 maggio 2009

RAMASSO Marco

Marco Ramasso è nato a Torino il 27 febbraio 1964 ed è autodidatta.

ramasso_mA diciassette anni fa il suo ingresso nel mondo artistico vincendo un concorso nazionale di pittura e grafica. Realizza la sua prima mostra personale nel 1986 a Torino.
Nel 1988 collabora con la Giugiaro Design per la realizzazione di una scenografia per una trasmissione RAI.

Nel 1992 apre una Galleria-studio nel centro di Alassio (SV), attività che terrà fino al 1999.
Nel 1997 collabora con la casa editrice Giorgio Mondadori per la rivista Airone.

Moltissimi i suoi viaggi di studio, a contatto diretto con gli animali e i paesaggi, in Africa, Indonesia, Madagascar, Canada e Stati Uniti che gli permettono di rielaborare nel suo studio i dipinti con una grande cura. Artista abilissimo nel dipingere gli animali con estrema precisione dei dettagli, nella forma e nei colori che si evidenziano nel gioco delle luci e della valutazione delle prospettive. Nei suoi viaggi tra l’Africa e il Canada ha assimilato il fascino di quei luoghi dipingendo gli animali anche dal loro paesaggio naturale, trasferendo nelle tele la sua vera e profonda interiorità d’artista.

Dal 2000 collabora con il mensile Piemonte Parchi.

RUGGERI Piero

Piero Ruggeri, nato a Torino il 27 aprile del 1930, ha vissuto e lavorato ad Avigliana (Torino).

ruggeri_pDiplomatosi nel 1956 all’Accademia Albertina Di Belle Arti, nello stesso anno venne invitato alla Biennale di Venezia. Nel 1955, 1957 e 1959, partecipò, nella città natale, a tre edizioni di ‘Francia-Italia’.
L’opera di Ruggeri, che da subito assume un respiro internazionale, ben presto s’inoltra, pur all’insegna di un linguaggio e di motivi peculiari, nell’informale, collocandosi nel cuore più autentico della esperienza italiana, imperniata sulle attività dei gruppi di pittori attivi a Bologna, Milano, Torino.

In seguito Ruggeri assimila le nuove emergenze dell’espressionismo astratto, in cui è agevole individuare l’apertura a riferimenti europei e americani.  Del resto, Ruggeri è pittore ‘colto’, non solo per sensibilità vigile e continuo filtro del dibattito e delle esperienze contemporanee, ma anche per rivisitazione critica, scavo e dialogo, initerrotti fino ad oggi, con la lingua della tradizione pittorica emblematicamente testimoniati dai tanti suoi dipinti che recano, nei titoli, un’esplicito riferimento a Tintoretto, Caravaggio, Rembrandt, Mattia Preti, Goya, Monet.

Partecipò a numerose edizioni della Biennale di Venezia e della Quadriennale di Roma. Vinse i premi nazionali e internazionali tra cui: il Premio Morgan’s e Paint, Solomon Guggenheim New York, Marzotto, San Paolo del Brasile, Fiorino, Lissone, Villa S. Giovanni.

Tra le mostre personali sono da citare: la sala alla XXXI Biennale di Venezia, le antologiche di Palazzo Massari a Ferrara nel 1984, alla Villa Reale di Monza nel 1985, al Circolo degli Artisti a Torino nel 1986, al Liceo Saracco ad Acqui Terme nel 1993, al Battistero di S. Pietro ad Asti, Galleria Comunale d’Arte di Cesena, e Casa del Mantenga a Mantova. A Palazzo Bricherasio a Torino nel 1998, a Palazzo Sarcinelli Galleria Comunale d’Arte di Conegliano (Treviso) nel 2000, al Piccolo Miglio al Castello di Brescia nel 2006, a Palazzo Magnani, Reggio Emilia nel 2008.
Una numerosa serie di mostre personali e collettive vede le sue opere esposte, oltre che in Italia, in Francia, Austria, Svizzera, Belgio, U.S.A., Brasile, Russia, Egitto, Australia, Pechino-Cina, Abu Dhabi-Emirati Arabi.

Tra i critici d’arte che si son occupati del suo lavoro: L. Carluccio, F. Arcangeli, L. Pistoni, G. Ballo, C. Volpe, P. Fossati, M. Valsecchi, R. Tassi, M. Calvesi, E. Crispolti, A. C. Quintavalle, M. Vescovo, F. Gualdoni, F. D’Amico, P.G. Castagnoli, E. Fezzi, E.Pontiggia, M. Bertoni, S. Crespi, C. Cerritelli, D. Trento, F. Fanelli, C. Spadoni, B. Bandini, F. De Bartolomeis, M. Rosci, F. Tedeschi, P. Casè, C. Zambianchi, F. Arensi, C. Guarda, S. Troisi, M. Vallora, F. Poli, M.Goldin, G. Gamand, S. Parmiggiani, F. Licht.
Nel 1995 è stato nominato accademico di S. Luca.

Muore il 14 maggio 2009 ad Avigliana (Torino).

Per una documentazione più ampia si rimanda alla monografia ‘Ruggeri’ edizione Allemandi 1997.

  • Catalogo mostra ‘Piero Ruggeri. Sulla natura’ opere 1974-2000 Palazzo Sarcinelli, Conegliano (Treviso) edizioni Linea d’ombra.
  • Catalogo mostra ‘Ruggeri. Il nero’ 2006, al Piccolo Miglio al Castello di Brescia edizioni Linea d’ombra.
  • Catalogo mostra ‘Piero Ruggeri l’epopea della pittura’, 1955-2007, Palazzo Magnani Reggio Emilia edizioni Skira.

TABUSSO Francesco

Francesco Tabusso nasce a Sesto San Giovanni il 27 giugno 1930.
tabusso_fDopo aver conseguito la Maturità Classica, frequenta lo studio di Felice Casorati.
Fonda, nel 1953, insieme ad Aimone, Casorati, Chessa la rivista “Orsa Maggiore”.
Nel 1954, appena ventiquattrenne, partecipa alla Biennale Internazionale di Venezia, dove sarà invitato anche nel 1956 e nel 1958 e vnel 1966 gli sarà dedicata una sala personale.
Nel 1956 espone alla galleria “La Strozzina” di Firenze, con la presentazione di Felice Casorati. L’anno successivo riceve il Premio “Fiorino” e il Premio “Michetti”.
Nel 1958 è invitato alla Quadriennale di Roma.
Nel 1959 espone per la prima volta alla “Bussola” di Torino, presentato da Luigi Carluccio. Ormai trentenne Tabusso è pittore affermato, e viene invitato alle più prestigiose rassegne internazionali, tra cui New York, Mosca, Bruxelles, Alessandria d’Egitto.
E’ del 1963 la personale alla Galleria milanese di Ettore Gian Ferrari. Insegna Discipline Pittoriche al Liceo Artistico dell’Accademia di Brera a Bergamo ed in seguito, fino al 1984, al Liceo Artistico dell’Accademia Albertina di Torino.
Nel 1975 realizza la Grande Pala Absidale “Il Cantico delle Creature” per la Chiesa di San Francesco d’Assisi a Milano, progettata da Giò Ponti, opera completata successivamente con quattro trittici dedicati ai “Fioretti di San Francesco”.
Nel 1983 la Mostra Antologica a “Palazzo Robellini” di Acqui Terme, la prima di tante: nel 1991 ad Asti in occasione della realizzazione del Palio; nel 1997 al “Palazzo Salmatoris”di Cherasco (TO); nel 1998 alla Sala “Bolaffi” di Torino; nel 2000 al “Centre Saint Bènin” di Aosta; nel 2002 al “complesso Monumentale di S. Michele a Ripa Grande” a Roma; nel 2008 si tiene alla Promotrice delle Belle Arti di Torino una anologica.
Muore a Torino nel gennaio 2012.

CALANDRI Mario

 

CARRA’ Carlo

Carlo Carra’ nasce a Quargnento (Alessandria) nel 1881.
carra_cLa sua formazione avvenne nell’ambito della pittura di decorazione, prima a Valenza Po e poi a Milano, Parigi e Londra.
Nel 1906 si iscrisse all’Accademia di Brera, dove fu allievo di C. Tallone.
Strinse amicizia con A. Bonzagni, R. Romani, U. Valeri e U. Boccioni e partecipò per breve periodo al clima divisionista, aprendosi anche a suggestioni simboliche.
Nel 1910 firmò il Manifesto dei Pittori Futuristi e il Manifesto Tecnico della Pittura Futurista, aderendo, così, al Futurismo.
Tra il 1911 e il 1915 partecipò attivamente al movimento futurista: scrisse, tenne conferenze, partecipò alle turbolente “serate”, dipinse e disegnò.
Nel 1912 si recò a Parigi per organizzare la mostra di pittura futurista alla Galleria Bernheim-Jeune ed entrò in contatto con i cubisti. Nelle opere del 1912-1913 si allontanò sempre più dal Futurismo boccioniano e si avvicinò al gruppo di “Lacerba”, in particolare ad Ardengo Soffici.
Nel 1913 firmò il Manifesto della Pittura dei suoni, rumori e odori.
A Ferrara incontrò Alberto Savinio, Giorgio de Chirico e Filippo de Pisis.
Nel dopo guerra collaborò come disegnatore e critico alla rivista “Valori Plastici”.
A partire dal 1921 si concentrò su una pittura che si fondava sui principi di rigore formale da Pier della Francesca, Giotto, Masaccio e Paolo Uccello. Svolse un’attività continua di critico d’arte. Espose alle mostre promosse da “Novecento” e realizzò pitture murali per la Triennale del 1933 e per il Palazzo di giustizia di Milano nel1938.
Muore a Milano il 13 aprile 1966.

CASORATI Felice

Felice Casorati nasce a Novara il 4 dicembre 1883.
Dopo essersi trasferito con la famiglia a Milano, Reggio Emilia, Sassari e Padova, dove si laureò in giurisprudenza nel 1906 e dove iniziò ad esporre in mostre locali, nel 1907 esordì alla Biennale di Venezia.
Partecipò alle Biennali veneziane del 1909, 1910, 1912 e 1914, all’Esposizione Internazionale di Belle Arti del 1911 a Roma e alla mostra della Secessione Romana del 1913.
Nel 1908 si trasferì a Napoli, per poi stabilirsi a Verona, dove abitò fino alla fine della Prima Guerra Mondiale.
In seguito alla morte del padre, lasciò Verona e si stabilì a Torino nella casa-studio in cui visse fino alla morte. Nel capoluogo piemontese strinse amicizia con P. Giobetti e nel 1918 esordì al Circolo degli Artisti.
Suscitò scalpore con le opere presentate nel 1919 alla Promotrice delle Belle Arti di Torino, nel 1921 alla Mole Antonelliana e nel 1923 alla Quadriennale torinese.
Nel 1920 fu invitato alla XII Biennale di Venezia , ma declinò l’invito per esporre con il gruppo dei cosiddetti “dissidenti di Ca’ Pesaro”.
Con A. Satoris e con A. Rigotti fondò la Società di Belle Arti “Antonio Fontanesi”, per la quale organizzò raffinate mostre di artisti dell’Ottocento e contemporanei.
Nel 1924 fu invitato con una grande sala individuale alla Biennale di Venezia.
Cominciò ad esporre al Carnegie Instituite di Pittsburgh e partecipò ad importanti rassegne d’arte internazionali. Nel 1926 e nel 1929 espose alle mostre del Novecento Italiano organizzate a Milano da M. Sarfatti.
Nel 1931 ebbe una sala personale alla I Quadriennale di Roma. Nel 1933 iniziò la sua attività di scenografo e nel 1937 gli venne dedicata un’ampia retrospettiva nel salone de “La Stampa” di Torino e vinse il secondo premio all’International Exibition of Paintings di Pittsburgh.
Nel 1938 ottenne il Grand Prix all’Esposizione Internazionale di Parigi.
Nel 1941 fu nominato titolare della cattedra di pittura all’Accademia Albertina di belle arti di Torino, della quale diventò direttore nel 1952 e presidente nel 1954.
Muore a Torino il 1° marzo 1963.

DE CHIRICO Giorgio

Giorgio de Chirico nasce a Volos (Grecia) il 10 luglio 1888 da una famiglia nobile di lingua dechirico_gitaliana.
Nel 1891 nella stessa città nasce il fratello Andrea Alberto, che assumerà dal 1914 lo pseudonimo di Alberto Savinio per la sua attività di musicista, letterato e pittore.
Più tardi mentre Savinio studiava pianoforte, Giorgio si iscrisse al Politecnico di Atene per intraprendere lo studio della pittura.
I due fratelli furono molto uniti e si scambiarono le proprie conoscenze.
Nel 1911 de Chirico raggiunse il fratello Alberto a Parigi dove ebbe modo di conoscere i principali artisti dell’epoca. Subì l’influenza di Gauguin da cui presero forma le prime rappresentazioni delle piazze d’Italia.
Tra il 1912 e il 1913 la sua fama si propagò, anche se ancora non ottenne un adeguato successo economico. In questo periodo cominciò a dipingere i suoi primi manichini.
Negli anni parigini De Chirico dipinse alcune delle opere pittoriche fondamentali per il ventesimo secolo.
Allo scoppio della prima guerra mondiale i fratelli de Chirico si arruolarono volontari e vennero inviati a Ferrara e qui ha modo di partecipare a frequenti discussioni artistiche anche con Filippo de Pisis. Insieme danno vita alla breve stagione della “pittura metafisica”.
Dopo un primo periodo di disorientamento dovuto al cambiamento di città, Giorgio rinnovò la propria pittura, non dipinse più grandi piazze assolate ma nature morte con simboli geometrici, biscotti e pani.
Nel 1924 partecipò per la prima volta alla Biennale di Venezia.
Nel 1926 allestì una personale con trenta dipinti alla Galleria Paul Guillaume di Parigi.
Intraprese in questi anni tantissimi viaggi tra Londra, Parigi, Milano e Roma e New York, dove ebbe modo di presentare una serie di opere datate 1908-1918 presso la galleria di Pierre Matisse ed ottenne un buon successo di pubblico e critica.
Prese parte alla mostra del Museo of Modern Art di New York dedicata all’Arte fantastica, Dada e Surrealismo.
Negli anni cinquanta poi la sua pittura fu caratterizzata dai suoi autoritratti in costume di tipo barocco e dalle vedute di Venezia.
Fu anche incisore e scenografo.
Tanti i riconoscimenti di pubblico e critica che ottenne in vita e nel 1975 fu nominato Accademico di Francia.
Muore a Roma il 20 novembre del 1978.

GUTTUSO Renato