Giovanni Fattori nasce a Livorno il 6 settembre 1825 e inizia a lavorare fin da piccolo al banco d’affari del fratellastro Rinaldo, manifestando una precoce passione e un indubbio talento per il disegno. A 15 anni il padre Giuseppe lo manda perciò a lezione dal pittore Giuseppe Baldini. E’ il 1846 quando Fattori si trasferisce a Firenze, dove studia per alcuni mesi con Giuseppe Bezzuoli per poi iscriversi all’Accademia di Belle Arti.
Dopo un apprendistato presso Giuseppe Baldini, un artista livornese con esperienze romane, si stabilisce a Firenze nel 1846 per studiare privatamente con Giuseppe Bezzuoli, ma già alla fine di quell’anno s’iscrive all’Accademia di Belle Arti. Degli anni della sua formazione artistica esistono pochi documenti e quei pochi di scarso valore. Frequentatore assiduo del Caffè Michelangelo nel 1892 dipinge a fresco un Trovatore, soggetto caro al romanticismo storico.
Nel 1854 esegue il suo primo quadro di qualità a noi noto: l’Autoritratto ora alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, a Firenze.
Dal 1858 si dedica a meditate ricerche analitiche per ottenere una composizione basata sui rapporti ombra-luce, decisamente astrattiva, il cui esito fu la Maria Stuarda al campo di Crookstone, cui lavorò dal 1858 al 1861. All’estate del 1859 risalgono le tavolette che raffigurano i soldati francesi di stanza alle cascine, molto ammirate da Nino Costa, il quale consigliò all’artista di partecipare al Concorso Ricasoli per il tema di storia contemporanea. Vinto il concorso con il bozzetto del Campo italiano dopo la battaglia di Magenta, Fattori si recò nell’estate del 1861 sui luoghi della battaglia, per studiare gli effetti di luce e d’atmosfera.
Il quadro non ancora finito fu presentato alla prima Esposizione nazionale, allestita a Firenze nel settembre di quell’anno. Al 1861 risalgono anche il Ritratto della cugina Argia (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), e probabilmente quello dei Fidanzati. Fra il 1862 e il 1866, Fattori, tornato a vivere a Livorno, si applica con impegno alla pittura di paese e al ritratto, i medesimi generi che a Firenze erano argomento delle ricerche dei macchiaioli a Piagentina. Nel 1867 si stabilisce nuovamente a Firenze e partecipa al Concorso di Pittura nazionale, vincendo un premio con la redazione monumentale dell’Assalto alla Madonna della Scoperta (1868, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori). Ospite dell’amico Diego Martelli a Castiglioncello ebbe l’opportunità di lavorare in fruttuosa dimestichezza con Abbati e Borrani.
Nel 1869 Fattori riceve dall’Accademia di Belle Arti di Firenze la nomina a professore di pittura.Nel 1870 ottiene un premio all’Esposizione nazionale di Parma con il Principe Amedeo ferito a Custoza. Nel 1872 si reca a Roma per l’esecuzione di un importante dipinto, il Mercato di cavalli in piazza Montanara, esposto nel 1873 a Vienna e poi perduto in un naufragio durante il ritorno in Italia dopo l’esposizione di Melbourne del 1880. Nel 1875 si reca a Parigi insieme a Francesco Gioli, Egisto Ferroni e Niccolò Cannicci, dove s’interessa soprattutto alla pittura Barbizon e all’opera di Corot. Al ritorno fu ospite di Francesco Gioli a Fauglia, sulle colline pisane, dove dipinse amabili immagini femminili immerse nel paesaggio.
Dal 1880 si dedica quasi solo ai soggetti militari e campestri, spesso ambientati in Maremma, come quelli ispirati a esperienze vissute alla Marsiliana, presso Albinia, ospite di Tommaso Corsini, quali la Merca dei puledri e il Salto delle pecore esposti a Venezia nel 1887 insieme al Riposo (Milano, Pinacoteca di Brera). Si applica assiduamente all’acquaforte e nel Fattori espone delle acqueforti alla Prima Esposizione di Belle Arti di Bologna. Nella circostanza, l’Accademia locale lo nomina membro onorifico.
POMODORO Giò
Giò Pomodoro nasce a Orciano, provincia di Pesaro nel 1930. Trascorre gli anni della formazione a Pesaro, dove frequenta l’Istituto tecnico per geometri. Dopo un breve soggiorno a Firenze per il servizio militare, si trasferisce a Milano con la famiglia. E’ il 1954 e Giò e il fratello Arnaldo sono già noti alla Galleria Il Naviglio di Milano e alla Galleria del Cavallino di Venezia. Invitato a esporre alla Biennale di Venezia del 1956, Pomodoro presenta i lavori dei primi anni milanesi: gli agenti fusi su ossi di seppia dedicati al poeta Ezra Pound. Collabora con la rivista “Il Gesto”, le mostre del gruppo Continuità lo vedono protagonista del fermento della vita artistica milanese. Negli anni sessanta continua il suo studio lavorando alle superfici in tensione, che gli procurano il primo premio per la scultura per Giovani artisti di Parigi e che diverranno tematica primaria del suo lavoro per gli anni a venire. Nel 1965 sono oggetto di analisi le Folle e i Radiali, le cui superfici in tensione sono sviluppate secondo le direzioni cartesiane dello spazio. Per i successivi dieci anni predilige lavorare la pietra e il marmo, trasformando le tensioni in torsioni. Gli Archi, i Soli, i Contatti sono protagonisti delle grandi sculture realizzate presso lo studio di Querceta, in Versilia. I nuovi cicli vengono esposti nel 1974 presso la Galleria Il Naviglio di Milano e in molte altre mostre negli anni successivi Nel 1977 crea la sua prima grande opera pubblica, il Piano d’uso collettivo, dedicata alla memoria di Antonio Gramsci. La dimensione “esterna” conquistata dal progetto sardo lo porta a ricevere numerose commissioni in spazi aperti non solo pubblici ma anche privati. Gli anni ottanta lo vedono realizzare imponenti complessi monumentali. Il 1984 lo vede protagonista di una intera sala alla Biennale di Venezia e di una grande mostra antologica a Palazzo Lanfranchi di Pisa, con una prospettiva sulle sue opere dal 1954 al 1984. Un nuovo percorso di studi caratterizza la metà degli anni ottanta che trova espressione nel ciclo di Hermes, presentato al pubblico a Lugano nel 1985. La fine degli anni ottanta è caratterizzata da importanti antologiche e personali curate da critici di rilievo. Altre commissioni vedono protagonista la scultura nelle città di Torino e di Taino. Il suo intervento in spazi pubblici diventa così sempre più significativo e lo porta in giro per il mondo. Nel 1993 a Tel Aviv presso l’Ateneo della città si tiene una sua grande mostra personale in occasione dell’acquisto da parte di un privato per l’ateneo dell’opera Scala Solare-omaggio a Keplero. Nel 1994 partecipa alla mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968 al Guggenheim Museum di New York, mentre l’anno successivo è invitato a far parte dell’International Sculpture Center di Washington D.C. Il 1996 è l’anno di Firenze e dei Soli e soprattutto di un gran numero di disegni e dipinti su carta di notevoli dimensioni. Nel 2000 viene pubblicata la monografia Giò Pomodoro: opere disegnate 1953-2000 a cura di Giovanni maria Accame, che già nel 1995 aveva presentato una personale di Pomodoro alla Galleria Spazia di Bologna. Nell’aprile del 2002 l’International Sculpture Center gli conferisce il premio alla carriera, è il primo italiano a riceverlo, la Galleria Giò Marconi celebra l’evento con un omaggio all’artista. Giò Pomodoro muore nel suo studio di Milano il 21 dicembre del 2002, giorno del solstizio d’inverno.
DANIELI Giuseppe
Giuseppe Danieli nasce a Venezia nel 1865. Frequentò l’Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la giuda di Luigi Nono. In questi anni gli vennero assegnati diversi premi di merito e due medaglie d’argento. In seguito insegnò disegno a Lentini e a Sciacca, in Sicilia, a Chioggia, a Porto Mautizio, a Cuneo ed infine a Verona. Durante i suoi viaggi visitò l’Umbria, i Colli Toscani, Roma.
Nel 1897 venne invitato a partecipare alla III Triennale di Belle Arti di Brera a Milano e nel 1899 fu presente alla III Biennale di Venezia. Nel 1904 partecipò all’ Esposizione Internazionale di Monaco di Baviera. Espose alla Società di Belle Arti di Firenze, Genova. Nel 1917 a Cuneo venne organizzata una sua mostra personale e in tale occasione alcune sue opere furono acquistate dal Museo di Bra.
Nel 1919 ritornò in Veneto a Verona dove continuò i suoi insegnamenti di disegno e dipinse instancabilmente senza mai allestire mostre personali.
Muore tragicamente a Verona nel 1931.
Dopo anni di silenzio nel 1972 la Galleria Pirra di Torino organizzò una grande prestigiosa mostra retrospettiva.
DE MARTINO Giovanni
Giovanni De Martino nasce a Napoli nel gennaio del 1870. Si formò presso l’Istituto di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Stanislao Lista, Gioacchino Toma ed Achille D’Orsi, da quest’ultimo apprende la capacità di ritrarre i particolari più veristici utilizzandoli su soggetti molto giovani.
Giovanissimo soggiornò a Parigi dove eseguì gruppi scultorei di piccole dimensioni e dove, nel 1900, vinse un premio con la scultura in bronzo Pescatore di locuste.
Rientrato a Napoli produsse sculture raffiguranti tipi caratteristici napoletani, in specie monelli e giovani pescatori, soggetti già molto amati dal suo maestro Achille D’Orsi e da Vincenzo Gemito. In seguito il tema dominante nella sua produzione fu il mondo dell’infanzia, in particolar modo furono rappresentati nelle sue opere bambini pensosi, tristi, scarni sul cui volto affioravano i segni dell’abbandono, della sofferenza. Espose a Napoli dal 1892, a Parigi nel 1900 e nel 1901, a Pietroburgo nel 1902, a Roma nel 1903, a Venezia nel 1905 e successivamente nel 1922, nel 1924 e nel 1928, a Monaco e a Rimini nel 1909. Fu poi presente nel 1910 alla Promotrice di Belle Arti di Napoli, alla Fiorentina Primaverile del 1922. I suoi temi adolescenziali e infantili sono resi con un’efficacia tanto straordinaria che lo stesso Benito Mussolini ne restò affascinato in occasione della Quadriennale Romana nel 1931; proprio negli anni del fascismo De Martino si rende conto dell’importanza che l’aspetto fisico dell’uomo riveste per il regime, e crea quindi ritratti di giovani più muscolosi e gagliardi, con espressioni sicure, sorridenti e allo stesso tempo pervase da un’aria di sfida. Nel 1916 fu acquistata, dalla Galleria regionale d’Arte Moderna dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, una scultura intitolata Bimba pensosa.
De Martino muore a Napoli nel 1935.
DE NITTIS Giuseppe
Giuseppe De Nittis nasce a Barletta (Bari) il 25 febbraio 1846. La sua infanzia, tutt’altro che serena, fu segnata dalla morte dei suoi genitori. Così, fu educato dai suoi nonni, prima, e da suo fratello Vincenzo poi.
Iniziò a prendere lezioni di pittura da Giambattista Calò, maestro di scuola napoletana, il quale da subito notò le straordinarie doti dell’allievo, e non mancò mai d’incoraggiarlo.
A quindici anni si recò a Napoli e s’iscrisse all’Accademia di Belle Arti, dove fu allievo di Mancinelli e Smargiassi. Tuttavia si scoprì poco interessato alle nozioni ed esercitazioni accademiche, legate ad una concezione dell’arte che egli considerava “retriva e conformista”. L’attitudine di De Nittis nei confronti della Tradizione, arrivò a costargli l’espulsione dall’Accademia per indisciplina.
L’amore per la pittura en plein air, ad esempio, fece sì che, nel 1864, a soli 17 anni, De Nittis fondasse la “Scuola di Portici” assieme ad altri giovani pittori.
Ebbe contatti con i macchiaioli nel 1866.
Nel 1867 incortaggiato dall’amico scultore Adriano Cecioni aderì alla Scuola di Resina e presentò alcune opere alla Promotrice di Firenze, le quali suscitarono profonda ammirazione tra i Macchiaioli.
Dal 1867 a Parigi dipinse scene settecentesche (primo periodo parigino) che erano molto di moda.
A 21 anni, De Nittis si trasferì a Parigi. In Francia trovò fortuna.
A Parigi divenne “lo storico del costume del suo tempo”. Egli volle ritrarre i luoghi in cui si svolgeva la vita di quella società dinamica ed in crescita, nonché i volti dei suoi protagonisti. Fra i soggetti preferiti delle sue opere parigine, le donne. Donne che egli osservò, conobbe ed amò. Fra esse Léontine Gruville, sua futura sposa, che De Nittis ritrasse più volte.
Espose spesso le sue opere al “Salon” e non mancò di suscitare l’interesse degli impressionisti. Questi lo invitarono ad esporre alcuni dei suoi quadri nella galleria da essi stessi allestita sul Boulevard des Capucines, accettò ma presto se ne pentì. Infatti, questa scelta, che gli costò la rottura del suo contratto con Goupil, non fu nemmeno compensata da un ingresso a pieno titolo del pittore barlettano nel circolo degli impressionisti, i quali non tollerarono la distanza che egli volle mantenere, dalle concezioni e regole basilari del movimento. Deluso ed amareggiato, De Nittis decise di trasferirsi a Londra. Qui ebbe importanti e fruttuosi contatti con alcuni uomini d’affari, che divennero suoi mecenati e gli consentirono di esprimere la sua arte in tutta libertà.
Visitò anche la Scozia, ammirò l’opera di Degas e di Corot e la sua pittura fu tra le più ammirate in Europa.
Muore a Saint-Germaine-en-Laye (Parigi) il 21 agosto 1884, a soli 38 anni, stroncato da una congestione celebrale.
DELLEANI Lorenzo
Lorenzo Delleani nasce a Pollone (Vercelli) il 17 gennaio 1840. Inizia gli studi a Saint-Jean-de-Maurianne, in Savoia. Dal 1854 frequenta l’Accademia Albertina di Torino allievo di E. Gamba e, fra il 1858 e il 1863, di C. Arienti e A. Gastaldi.
Nel 1855 partecipa alla Promotrice di Torino, e si afferma in questi anni con opere di tipo accademico-romantico, alcune di soggetto storico.
Nel 1863 entra a far parte del Circolo degli Artisti di Torino dove ricoprità importanti cariche associative.
Nel 1865 si trasferisce in Via Nizza 27 e lo studio , nel 1867, in Via Carlo Alberto 36.
Nel 1873 si reca a Venezia dove ritornerà più volte.
Nel 1874 espose al Salon di Parigi. Verso la fine del decennio eseguì alcune tavolette che evidenziano la ricerca di immediatezza nella resa della realtà, che diventò l’elemento distintivo della sua produzione.
Nel 1880 partecipa alla IV Esposizione nazionale di Torino, nel 1881 all’Esposizione Nazionale di Milano.
All’inizio degli anni Ottanta compie numerosi viaggi nel Nord Europa, studiando soprattutto Rembrandt. Nel 1883 si reca in Germania e in Olanda con gli amici Camerana e Vignola, dipingendo numerose tavolette raffiguranti la realtà dei luoghi visitati con immediatezza ed attenzione ai giochi di luce.
Dal 1886 non rinuncia ai viaggi per l’Italia da cui trarrà molte ispirazioni.
Partecipa alla VI Esposizione Nazionale di Vnenezia, alle mostre al Circolo degli Artisti, alla Prima Triennale di Milano, all’Esposizione per il Cinquantenario della Promotrice Belle Arti di Torino, all’Esposizione Italo-Americana di Buons Ayres nel 1893, e nel 1895 alla Prima Biennale di Venezia.
Nel 1898 è presente all’Esposizione Nazionale a Torino al Valentino, e nel 1900 espone alla Mostra Universale di Parigi e nel 1901, con lo scultore Leonardo Bistolfi, Camerana e altri fa parte del Comitato della Prima Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna che si aprirà a Torino nel 1902. L’attività espositiva dell’artista si intensificò notevolmente e lo testimoniò l’invio di quaranta dipinti alla Biennale di Venezia del 1905.
Nel 1903 inizia ad avere crisi di salute e nel 1908, a mezzanotte del 13 novembre, muore nell’abitazione di Via Alfieri a Torino assistito dalla cugina Lucia e dagli altri famigliari.
DEPETRIS Giovanni
Giovanni Depetris nasce a Torino il 25 luglio del 1890. Compiuti gli studi all’Accademia Albertina di Torino, si dedicò alla pittura di cavalletto, occupandosi nel contempo di grafica come illustratore di giornali e riviste. Il suo linguaggio trovò una espressione autonoma nel paesismo piemontese con una pennellata lunga, curva, molto pastosa. Predilisse i paesaggi alpini, canavesani in particolare, ma anche quelli collinari delle Langhe, scorci paesani e cittadini. Esordì nel 1912 alla Promotrice con l’opera “Ora mesta”. Fu regolarmente presente alle rassegne del Circolo degli Artisti e della Promotrice di Torino, espose a Roma, alle Biennali di Venezia del 1922, 1924, 1926 e all’estero. Una sua tela di notevoli dimensioni è collocata alla Galleria d’Arte Moderna di Torino “Primavera in Piemonte”. Muore a Brescia nel 1940.
FALCHETTI Alberto
Alberto Falchetti nasce a Caluso (TO) nel 1878.
Avviato alla pittura dal padre Giuseppe, ebbe modo di conoscere G. Segantini, di cui fu grande ammiratore. Dopo i primi esordi accademici, trattò anche per un breve periodo temi orientalisti. Si affiliò al divisionismo, eseguendo una serie di opere prevalentemente di soggetto montano che riscossero un notevole successo di critica.
Espose spesso alla Promotrice di Torino dal 1893 al 1947, al Circolo degli Artisti dal 1898 al 1939 e alla Biennale di Venezia dal 1903 al 1924.
Alcune sue opere sono collocate alla Galleria d’Arte Moderna di Torino.
Una sua opera “Ouragan dans la montagne” è conservata al Musée d’Orsay di Parigi.
Muore a Caluso (Torino) nel 1951.
FALCHETTI Giuseppe
Giuseppe Falchetti nasce a Caluso il 18 giugno 1843. Padre di Alberto, compì gli studi di pittura frequentando per cinque anni lo studio di Giuseppe Camino. Esordì giovanissimo nel 1862 alla Società Promotrice torinese, alla quale sarà presente quasi ininterrottamente per tutta la vita.
Dal 1915 al 1917, partecipò anche alle mostre del Circolo degli Artisti, riscuotendo grande successo di vendite ed importanti commissioni.
Si dedicò prevalentemente alla paesistica, dominata dal motivo boschivo, ed a scenografiche nature morte di frutta e di cacciagione, frutto di un appassionato studio dei quadri fiamminghi conservati alla Galleria Sabauda.
Con il passare del tempo, la sua pittura si orientò verso un’interpretazione sentimentale, più equilibrata, che ammorbidisce i marcati contrasti chiaroscurali del periodo giovanile a favore di un’armonia d’insieme e di una composta piacevolezza.
Le sue opere sono contenute presso la Galleria d’ Arte Moderna di Torino.
Muore a Torino il 6 novembre 1918
FATTORI Giovanni
Giovanni Fattori nasce a Livorno il 6 settembre 1825 e inizia a lavorare fin da piccolo al banco d’affari del fratellastro Rinaldo, manifestando una precoce passione e un indubbio talento per il disegno. A 15 anni il padre Giuseppe lo manda perciò a lezione dal pittore Giuseppe Baldini. E’ il 1846 quando Fattori si trasferisce a Firenze, dove studia per alcuni mesi con Giuseppe Bezzuoli per poi iscriversi all’Accademia di Belle Arti.
Dopo un apprendistato presso Giuseppe Baldini, un artista livornese con esperienze romane, si stabilisce a Firenze nel 1846 per studiare privatamente con Giuseppe Bezzuoli, ma già alla fine di quell’anno s’iscrive all’Accademia di Belle Arti. Degli anni della sua formazione artistica esistono pochi documenti e quei pochi di scarso valore. Frequentatore assiduo del Caffè Michelangelo nel 1892 dipinge a fresco un Trovatore, soggetto caro al romanticismo storico.
Nel 1854 esegue il suo primo quadro di qualità a noi noto: l’Autoritratto ora alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, a Firenze.
Dal 1858 si dedica a meditate ricerche analitiche per ottenere una composizione basata sui rapporti ombra-luce, decisamente astrattiva, il cui esito fu la Maria Stuarda al campo di Crookstone, cui lavorò dal 1858 al 1861. All’estate del 1859 risalgono le tavolette che raffigurano i soldati francesi di stanza alle cascine, molto ammirate da Nino Costa, il quale consigliò all’artista di partecipare al Concorso Ricasoli per il tema di storia contemporanea. Vinto il concorso con il bozzetto del Campo italiano dopo la battaglia di Magenta, Fattori si recò nell’estate del 1861 sui luoghi della battaglia, per studiare gli effetti di luce e d’atmosfera.
Il quadro non ancora finito fu presentato alla prima Esposizione nazionale, allestita a Firenze nel settembre di quell’anno. Al 1861 risalgono anche il Ritratto della cugina Argia (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), e probabilmente quello dei Fidanzati. Fra il 1862 e il 1866, Fattori, tornato a vivere a Livorno, si applica con impegno alla pittura di paese e al ritratto, i medesimi generi che a Firenze erano argomento delle ricerche dei macchiaioli a Piagentina. Nel 1867 si stabilisce nuovamente a Firenze e partecipa al Concorso di Pittura nazionale, vincendo un premio con la redazione monumentale dell’Assalto alla Madonna della Scoperta (1868, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori). Ospite dell’amico Diego Martelli a Castiglioncello ebbe l’opportunità di lavorare in fruttuosa dimestichezza con Abbati e Borrani.
Nel 1869 Fattori riceve dall’Accademia di Belle Arti di Firenze la nomina a professore di pittura.Nel 1870 ottiene un premio all’Esposizione nazionale di Parma con il Principe Amedeo ferito a Custoza. Nel 1872 si reca a Roma per l’esecuzione di un importante dipinto, il Mercato di cavalli in piazza Montanara, esposto nel 1873 a Vienna e poi perduto in un naufragio durante il ritorno in Italia dopo l’esposizione di Melbourne del 1880. Nel 1875 si reca a Parigi insieme a Francesco Gioli, Egisto Ferroni e Niccolò Cannicci, dove s’interessa soprattutto alla pittura Barbizon e all’opera di Corot. Al ritorno fu ospite di Francesco Gioli a Fauglia, sulle colline pisane, dove dipinse amabili immagini femminili immerse nel paesaggio.
Dal 1880 si dedica quasi solo ai soggetti militari e campestri, spesso ambientati in Maremma, come quelli ispirati a esperienze vissute alla Marsiliana, presso Albinia, ospite di Tommaso Corsini, quali la Merca dei puledri e il Salto delle pecore esposti a Venezia nel 1887 insieme al Riposo (Milano, Pinacoteca di Brera). Si applica assiduamente all’acquaforte e nel Fattori espone delle acqueforti alla Prima Esposizione di Belle Arti di Bologna. Nella circostanza, l’Accademia locale lo nomina membro onorifico.
FOLLINI Carlo
Carlo Follini nasce a Domodossola (Verbania) il 24 agosto 1948.
Fu allievo nel 1873 all’Accademia Albertina di Antonio Fontanesi. Nello stesso anno partecipò alla Promotrice di Torino e nel 1881 alla Mostra al Circolo degli Artisti. Fino agli anni Trenta fu presente ad entrambe le rassegne.
Si trasferì a Bologna nel 1877 e successivamente a Firenze dove frequentò gli artisti che si trovano al Caffè di Via Larga. Nel 1892 fu nominato socio onorario dell’accademia Albertina. Partecipò alle Biennale di Venezia del 1895, 1897 e del 1910; nel 1902 tenne una personale alla Quadriennale della Promotrice di Torino. Partecipò ad importanti rassegne internazionali a Monaco di Baviera, Colonia, Londra, Vienna e Parigi.
Nel 1906 partecipò all’Esposizione Nazionale di Milano organizzata in occasione dell’inaugurazione del Traforo del Sempione.
Pur influenzato da Fontanesi, si distaccò dal maestro, per un cromatismo più acceso e una visione più serena e piacevole. Negli anni Novanta la sua pittura lo avvicinò ai pittori di Rivara e nel 1900 alla maniera del Delleani.
Muore a Genova Pegli nel 1917.